Memorial 2021 Felice PuliciPresentato in Campidoglio il libro di Alfredo Parisi |
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Da “ Giochi senza frontiere “ a “ Italia senza frontiere”
I miei coetanei ricorderanno,sicuramente,la storica trasmissione televisiva “Giochi senza frontiere”.
Ebbene, mi sembra che, ora, si stia passando da “I Giochi” ad una “Italia” senza frontiere.
Una recente decisione del Tribunale di Roma, infatti, mette l’Italia nella situazione che segue.
Nell’impossibilità, da un lato, di rimpatriare gli immigrati irregolari perché provenienti da Paesi insicuri, dall’altro nell’impossibilità di ripartire tali immigrati fra tutti gli altri Stati Membri dell’UE.
Ciò, in quanto la normativa e la giurisprudenza europee non prevedono un diritto ed un corrispondente obbligo del genere.
Sicchè l’Italia, geograficamente più esposta di altri Stati Membri ad una immigrazione irregolare proveniente da Paesi insicuri, da Paese di accoglienza della suddetta immigrazione diventerebbe, in realtà, Paese di ultima, definitiva, permanente accoglienza.
Ciò premesso e considerato , il primo e fondamentale interrogativo che ci si deve porre è quello del a chi appartenga la potestà di stabilire quali Paesi siano sicuri.
L’art. 117 della Costituzione prevede che lo Stato ha potestà legislativa esclusiva in materia di politica estera e rapporti internazionali, rapporti dello Stato con l’UE, diritto d’asilo e condizione giuridica di cittadini di Stati non appartenenti alla predetta Unione, di immigrazione.
Il precedente art. 10 della Costituzione prevede che la condizione giuridica dello stranieroè regolata dalla legge, in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Prevede, inoltre, che lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territoriodella Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Dal complesso delle norme richiamate, a me pare, inequivocabile ed indubitabile, che la potestà di stabilire quali Paesi siano sicuri competa esclusivamente alla potestà legislativa dello Stato e non a singoli organi giudiziari.
Anche perché, in quest’ultima ipotesi, si determinerebbero una assoluta incertezza del diritto e gravi disparità di trattamento, non essendo possibile garantire una unità e uniformità di giudizio.
Quanto all’obbligo di conformazione del nostro ordinamento interno alla norma ed ai trattati internazionali, tale obbligo non è assoluto, ben potendo subire adeguamenti e limitazioni.
Sul punto la Costituzione ha avuto modo di stabilire che la normativa convenzionale europea si colloca ad un livello sub-costituzionale.
Ne consegue che la giurisprudenza delle Corti europee non debbono essere in contrasto con norme costituzionali, tenuto conto di contesti fattuali e normativi.
In particolare,non si devono creare contrapposizioni con il principiocostituzionale di ragionevolezza dell’art. 3 della Costituzione.
E non v’è dubbio che sia di manifesta irragionevolezza una pedissequa applicazione di una giurisprudenza comunitaria che metta uno Stato membro, a causa della sua posizione geografica, nella condizione, come evidenziato, di non poter rimpatriare immigrati irregolari e, nel contempo, di essere trasformato da Paese di prima accoglienza, in maniera surrettizia,in un Paese di loro definitiva accoglienza.
Tanto più che, come rilevato, non esiste una normativa comunitaria che preveda un diritto/obbligo di ripartizione di tali immigrati, secondo regole prestabilite tra tutti gli Stati Membri.
Circa, poi, ildiritto di asilo, va sottolineato che esso si differenzia dall’immigrazionepoiché mentre quest’ultima attiene ad un fenomeno collettivo e impersonale, l’asilo attiene ad un fenomeno individuale e personale.
Il diritto di asilo è, infatti, un diritto di un singolo straniero che deve provare di essere stato, effettivamente e in concreto, sottoposto nel proprio Paese a persecuzioni, vessazioni, discriminazioni, non essendo sufficiente dimostrare che l’ordinamento di quel Paese non sia, in astratto, conformeall’ordinamentoo costituzionale del nostro Paese.
V’è anche da dire che limitazioni della nostra sovranità nazionale sono consentite, ai sensi dell’art. 11 della Costituzione, a patto però che esse operino in condizioni di parità con gli altri Stati.
Condizioni che verrebbero meno per l’Italia, qualora gli immigrati irregolari nel nostro territorio non rimpatriabili, perché provenienti da Paesi insicuri, non fossero ripartibili pro-quota fra tutti gli altri Stati Membri.
Una soluzione, a mio parere, ideale del problema sarebbe quella di una lista dei Paesi sicuri, periodicamente rivedibile, fosse stabilita a livello europeo e che,sempre a livello europeo, fosse stabilito il diritto/dovere per tutti gli Stati Membri di ripartizione degli immigrati irregolari non rimpatriabili.
A questo proposito la Costituzione europea prevede in materia di immigrazione che l’Unione sviluppi una politica comune governata dal principio di solidarietà e di equa ripartizione fra tutti gli Stati Membri anche sul piano finanziario, con misure approvate ai fini dell’ applicazionedi tale principio.
Principio che non risulterebbe affatto rispettato se ad alcuni Stati Membri, come l’Italia, geograficamente più esposti di altri ad una immigrazione irregolare proveniente da Paesi ritenuti insicuri, fosse accollato, di diritto o di fatto, l’esclusivo e totale onere di farsi da soli unicamente carico della suddetta immigrazione.
Viceversa, tanto varrebbe, in maniera provocatoria, attribuire la cittadinanza italiana a tutti gli immigrati irregolari non rimpatriabili affluiti nel nostro territorio.
Immigrati che, in grande maggioranza, non desiderano rimanere nel nostro Paese bensì preferiscono recarsi in altri Stati Membri.
Avv.Massimo Rossetti
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